E’ questa la decisione del Tribunale di Como, espressa in una recente sentenza, in merito alla richiesta di omologa all’accordo di separazione di due coniugi che, pur volendo separarsi legalmente, avrebbero voluto continuare a coabitare presso la casa coniugalis, ovvero rimanere separati nella stessa abitazione per risparmiare sotto il profilo economico.
CHIEDI UNA CONSULENZA TELEFONICA CHIEDI UNA CONSULENZA IN SEDELe motivazioni della pronuncia (ordinanza 6 giugno 2017 Trib. Como) sono molteplici e tutte riconducibili ad un’unica ratio: non si può stravolgere a proprio piacimento il concetto stesso di separazione legale che nasce come riconoscimento giuridico di una volontà delle parti di porre fine agli obblighi nascenti dal matrimonio, tra cui anche quello della coabitazione. In buona sostanza il Tribunale, rifiutando l’omologa e quindi di dare valore giuridico all’accordo dei separandi, ha stabilito un precedente importante che consiste nel non poter concepire la separazione come una scelta a metà dove certi obblighi vengono meno ( tipo quella alla fedeltà o all’assistenza morale e materiale dell’altro) mentre altri restano in vita. In tal modo si avrebbe un ibrido non ammissibile nel nostro ordinamento.
Alla base della decisione, però, vi è anche una riflessione sui motivi che hanno portato alla scelta dei coniugi del caso specifico, entrambi autosufficienti economicamente, di voler continuare a coabitare, una scelta che lungi dall’essere l’unica possibile è stata dettata da motivi utilitaristici di ordine economico, benché non vi fosse reale necessità di dover rimanere sotto lo stesso tetto nell’abitazione in comproprietà.
Lavoratore dipendente lui, lavoratrice dipendente lei, entrambi con un proprio reddito, avrebbero potuto tranquillamente assicurarsi un’abitazione propria e distinta dall’altro coniuge, non vi era quella necessità, che pur caratterizza purtroppo molte realtà attuali, di dover far fronte all’esigenza di separarsi pur non avendo disponibilità per poter distinguere definitivamente le unità abitative dell’uno e dell’altro. Né tanto meno plausibili possono essere considerate le motivazioni addotte dalle parti di voler assicurare un patrimonio maggiore per gli studi del figlio: a favore dello stesso infatti già era stato predisposto un fondo che avrebbe assicurato al figlio, maggiorenne ma ancora non autosufficiente economicamente in quanto studente, la possibilità di proseguire con tranquillità il corso di studi prescelto.
In realtà si fa notare come la coabitazione sia proprio la cornice entro cui riescono a farsi rientrare e trovare pieno riconoscimento dal punto di vista pratico tutti gli altri obblighi che nascono dal matrimonio e di come, viceversa, la separazione nasca necessariamente proprio da un‘ intollerabilità alla convivenza che spinge i coniugi a “ separarsi” nel significato primario del termine stesso. Ove non vi siano tali presupposti, ovvero non vi sia alcuna intollerabilità della convivenza ( nel caso di specie i coniugi avrebbero avuto ciascuno la propria camera matrimoniale ed usato a turno le altre stanze), ma esistano semplicemente altre esigenze di vita di coppia/non coppia dei coniugi, questi ultimi potranno dar vita ad accordi di carattere privato, ma mai a quello che sfocia nella separazione consensuale, che in caso contrario si trasformerebbe in una ipotesi aperta anche atta a realizzare finalità illecite.
Resta esclusa, pertanto, la strada della “separazione in casa” per chi trova in tale ipotesi solo una situazione di comodo personale.