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L’abbandono del tetto coniugale

Dal matrimonio nascono gli obblighi a carico di entrambi i coniugi di coabitare e prestarsi reciproca assistenza materiale e morale. L’abbandono del tetto coniugale rappresenta, pertanto, una violazione di tali obblighi, da cui potrebbero discendere responsabilità civili e penali.

Viceversa, non rappresenterà chiaramente abbandono del tetto coniugale l’allontanamento del coniuge deciso dal giudice stesso quando autorizzerà i coniugi a vivere separati, a seguito della prima udienza di separazione.

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Responsabilità civili e penali dell’abbandono del tetto coniugale

  • Sotto il punto di vista civile, l’abbandono del tetto coniugale potrebbe portare all’addebito della separazione e, quindi, ad esempio, alla perdita del diritto di percepire l’assegno di mantenimento.
  • Sotto il punto di vista penale, invece, l’abbandono del tetto coniugale potrebbe rappresentare una violazione dell’art. 570 c.p. (ovvero come “violazione degli obblighi di assistenza familiare”), che è sanzionata con la reclusione fino a un anno o con la multa da € 103,00 a € 1.032,00.

Quando l’abbandono del tetto coniugale è legittimo

Questa condotta potrà, tuttavia, considerarsi legittima, in tutti quei casi in cui essa rappresenti la conseguenza dei comportamenti gravi assunti dall’altro coniuge. Si dirà, in altri termini, che l’abbandono del tetto coniugale non è la causa, ma è anzi l’effetto del venir meno della comunione familiare, ritenendo che la stessa sia da imputare all’altro coniuge.

Quali sono, quindi, ad esempio, quei comportamenti che potranno giustificare l’abbandono del tetto coniugale?

  • La violenza fisica, verbale e psicologia;
  • L’infedeltà del coniuge;
  • Il venir meno dei rapporti sessuali;
  • Inconciliabili incompatibilità caratteriali

A questi esempi se ne potrebbero aggiungere infiniti altri, sulla cui fondatezza dovrà poi essere il giudice a decidere, valutando a quale dei due coniugi sia da imputare la frattura della comunione familiare.

Dalla teoria alla pratica

Nelle maggior parte dei casi, quando una coppia entra in crisi, la conflittualità tra i coniugi aumenta in modo esponenziale fino a rendere materialmente impossibile la coabitazione, ancor prima che siano maturati i tempi necessari per la separazione legale. In questi contesti è quasi inevitabile che uno dei due decida di abbandonare volontariamente la casa coniugale in attesa di formalizzare la separazione. Nella realtà dei fatti questa scelta non è da considerarsi sbagliata a priori.

Le responsabilità penali e civili (che abbiamo esaminato qualche rigo più su) saranno, infatti, del tutto assenti nell’ipotesi più probabile in cui:

  • sotto il punto di vista penale, il coniuge “abbandonato” neanche presenterà querela;
  • sotto il punto di vista civile, a prescindere dall’abbandono si procederà con una separazione consensuale, sicché non vi potrà essere alcuna richiesta di addebito.

Resta da considerare che in molti casi la cessazione della coabitazione può rappresentare la scelta più saggia per consentire alla coppia di trovare una tregua e ragionare in modo più pacifico, decidendo per una riconciliazione o una separazione. Se una coppia è, infatti, ormai destinata alla separazione è assolutamente più salutare che la scelta sia intrapresa in modo consapevole e non sul’onda emotiva del rancore reciproco che i coniugi avranno maturato giorno dopo giorno ostinandosi a convivere, senza riuscire a farlo in modo pacifico. Alla stessa maniera, quando i coniugi avranno consapevolmente deciso di interrompere il loro matrimonio, sarà necessario ragionare e negoziare a mente lucida sulle condizioni di una consensuale, così da scongiurare il rischio di esser costretti a procedere in via giudiziale, senza che la scelta giovi a nessuno dei due.

Redazione
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