Se a seguito dell’entrata in vigore della legge 162/2014 è possibile, a determinate condizioni, separarsi anche in Comune, solo da qualche giorno è stata chiarita definitivamente una questione importante inerente la portata di tale innovazione.
La legge n. 162/2014 infatti stabilisce che in presenza di determinati requisiti quali:
- accordo delle parti;
- assenza di figli minori o economicamente dipendenti;
- assenza di trasferimenti patrimoniali,
i coniugi possano scegliere, tra le diverse modalità accordate dalla legge, anche quella della separazione in Comune dinanzi al Sindaco o all’ufficiale di stato civile, senza necessità di farsi assistere da un avvocato.
La possibilità di separarsi autonomamente è stata prevista al fine di snellire la procedura per quelle separazioni relativamente semplici , ove non vi sia la necessità di tutelare una parte debole; in questi casi basta l’ accordo delle parti a liberare i coniugi dalle lungaggini processuali o dai costi per l’assistenza legale. Difatti, non potendovi essere i figli minori nè trasferimenti di beni patrimoniali da definire, si è ritenuto giusto che i coniugi autonomamente potessero porre fine al proprio rapporto coniugale.
Tuttavia la necessità del requisito di assenza di trasferimenti patrimoniali rischiava di restringere troppo l’ambito di applicazione di tale norma, ove fosse considerato trasferimento patrimoniale anche la previsione di un assegno di mantenimento a favore di una parte.
la direttiva ministeriale n. 6/2015
Così è intervenuta una direttiva ministeriale, la n. 6 del 2015, volta a chiarire la lettera della norma e, al fine di non limitarne troppo la portata, aveva chiarito che in tali “trasferimenti patrimoniali” richiamati dalla legge non si dovessero considerare anche le decisioni circa possibilità ed ammontare del mantenimento. Secondo tale direttiva, pertanto, anche in presenza di accordo che prevedesse il mantenimento di una parte a carico dell’altra, vi era la possibilità di separarsi in Comune.
Il TAR Lazio
Non dello stesso avviso è stato il TAR Lazio però che, con la decisione n. 7813 del 7.7.2016 ha annullato detta circolare affermando un’interpretazione completamente opposta.
In particolare il Tar (Tribunale Amministrativo Regionale) del Lazio ha ritenuto che l’intento del legislatore della legge 162/2014 fosse stato quello di consentire una separazione “semplice” in tutti quei casi in cui non vi fosse la necessità dell’intervento di un terzo, ossia il giudice o l’avvocato (nel caso di negoziazione assistita), a tutela di situazioni ove vi fosse una parte più debole da proteggere. Ebbene il Tar ha ritenuto che la previsione di un assegno di mantenimento nell’ambito di una separazione comunque comporta sempre un trasferimento di beni che da una parte impoveriscono un coniuge e dall’altro ne arricchiscono l’ altro. Tale situazione non può svolgersi senza l’ausilio di un giudice o di un avvocato che garantiscano che si mantenga un equilibrio delle parti senza sfavorire nessuna delle due.
Per cui, in sintesi, il Tar ha ritenuto che anche la previsione di un assegno di mantenimento debba considerarsi trasferimento patrimoniale ed, in quanto tale, impedisca la possibilità di autonoma separazione dei coniugi in Comune.