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Rimborso per le spese di ristrutturazione

Durante la convivenza i partner possono limitarsi a gestire insieme solo  le spese per la quotidianità, oppure possono trovarsi nella necessità di dover affrontare spese maggiormente impegnative, come quelle per l’ eventuale arredamento, o la ristrutturazione della casa familiare, magari intestata ad uno solo dei due.

La Cassazione, recentemente,  ha affrontato, ancora una volta, il caso di un partner che, dopo aver contribuito all’acquisto, alla ristrutturazione e all’arredamento della casa della compagna, cessata la convivenza, ha chiesto di essere rimborsato.

Secondo la Cassazione

Con  la sentenza n. 21479/2018,  Cass. II sez civile, è stato chiarito che quando il contributo economico dato per un’eventuale  acquisto, ristrutturazione o arredamento di un immobile è rilevante rispetto alle possibilità economiche dello stesso partner che ha sostenuto la spesa ed in generale del nucleo familiare, cessata la convivenza, si ha diritto ad ottenere la restituzione di quanto versato.

Diversamente si avrebbe un partner, il proprietario dell’immobile, che si arricchirebbe ingiustamente a danno dell’altro.

Si tratta, infatti, di esborsi, come quelli per un’eventuale ristrutturazione, che non possono essere considerati come contributo alla vita comune, dal momento che si tratta di opere destinate a migliorare ed incrementare il valore di un bene di proprietà e non appaiono strumentali alle concrete esigenze quotidiane della coppia. Simile è il caso di una donna che aveva completamente arredato l’appartamento del compagno in prospettiva di una convivenza, poi mai iniziata. Anche in questa ipotesi si è verificato un arricchimento di uno ai danni dell’altra.

Costituisce invece un’obbligazione naturale, ovvero un esborso non ripetibile, il contributo mensile per pagare l’affitto, o per tutte le altre spese comuni al vivere quotidiano.

Ciò che conta è dunque la proporzionalità dell’esborso rispetto al menage familiare.

Ogni qualvolta gli esborsi siano apprezzabilmente superiori alle condizioni economiche di chi li pone in essere, o sproporzionati rispetto al tenore familiare complessivo, in caso di cessazione della convivenza, devono essere restituiti.

Secondo la giurisprudenza un esborso può considerarsi sproporzionato, quando supera un quarto dello stipendio netto annuale, sempre che non si possa usufruire del contributo di un familiare.

Cosa posso fare se, cessata la convivenza, il partner non vuole restituirmi quanto ho versato per le spese inerenti la casa familiare?

Preliminarmente è opportuno affidarsi ad un avvocato matrimonialista per intraprendere un’azione di arricchimento senza giusta causa.

Avv. Rossana Tavani
Avv. Rossana Tavani

L'Avv. Rossana Tavani dirige la sede di Bologna di AMA (Avvocati Matrimonialisti Associati). Se desideri ulteriori approfondimenti su quest'articolo, puoi contattarla compilando il modulo di contatto che trovi in questa pagina.

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