Come sappiamo la separazione (consensuale o giudiziale) non è uno stato irreversibile poiché i coniugi possono sempre avere un ripensamento e “riconciliarsi”.
Questo è il motivo per il quale tra la separazione e il divorzio intercorre per legge un lasso di tempo che consente alle parti di poter tornare sui propri passi e annullare la avvenuta separazione.
La riconciliazione può avvenire formalmente mediante una dichiarazione di riconciliazione – che deve essere fatta nel Comune dove è avvenuto il matrimonio o in quello in cui è trascritto l’atto di matrimonio – oppure tacitamente attraverso un comportamento oggettivamente incompatibile con la separazione (ripresa della coabitazione; concepimento di un figlio; ripresa del progetto familiare ..)
Il caso di cui ci occuperemo in questo approfondimento è proprio quello della nascita di un figlio dopo la separazione.
Non sempre però in questa ipotesi si può parlare di vera e propria riconciliazione.
Vediamo perché.
Intanto va precisato che la mera nascita di un figlio in costanza di separazione non comporta automaticamente la riconciliazione, poiché per parlare di vera e propria riconciliazione occorre che tra le parti vi sia stata una ripresa concreta, effettiva e duratura della convivenza coniugale e della comunione materiale e spirituale dei coniugi nuovamente inseriti in un progetto e in un contesto familiare.
Si può parlare di riconciliazione quindi solo quando è stata ricostituita l’unione coniugale mediante la effettiva ripresa della comunione di intenti e di vita che è posta alla base del vincolo matrimoniale.
La semplice ripresa di incontri o di rapporti sessuali occasionali (pur nel caso del concepimento di un figlio) non comportano – quanto meno non sempre e non automaticamente – una vera e propria riconciliazione.
La Corte di Cassazione intervenuta sul punto ha chiarito proprio questo concetto ricordando che solo con la ripresa concreta della convivenza tra i coniugi e con il ripristino del nucleo familiare accompagnato dalla comunione spirituale e materiale di intenti si può parlare di vera riconciliazione.
In buona sostanza quindi la semplice coabitazione – magari per ragioni di convenienza economica o la nascita di un figlio in costanza di separazione o la frequentazione occasionale di parenti e amici in comune – non determinano una riconciliazione se tali comportamenti non sono sorretti e accompagnati dalla precisa volontà di ripristinare il progetto familiare e la comunione materiale e spirituale posta alla base del matrimonio.
Nonostante la riconciliazione, come sopra detto, non necessiti di essere ufficializzata, ben potendo essere desunta dai comportamenti dei coniugi, per essere opponibile a terzi deve tuttavia essere comunicata formalmente mediante una apposita dichiarazione resa all’ufficiale dello stato civile che provvederà a trascriverla a margine dell’atto di matrimonio.
Resta inteso che una volta riconciliati i coniugi potranno sempre procedere ad una nuova separazione.