La fine di una relazione coniugale, accanto alle inevitabili delusioni degli ex coniugi per il finito amore, porta con sé in nuce anche la speranza di un nuovo legame.
La creazione di un nuovo nucleo familiare che dia stabilità alla propria vita affettiva a seguito di una separazione, ed ancor più, ad un divorzio fa spesso parte del naturale sviluppo della vita degli ex coniugi specie, ma non in via esclusiva, se la fine del primo matrimonio sia avvenuto tra soggetti relativamente giovani.
Un interrogativo che a tal punto si pone però è se la nuova vita familiare di ciascuno possa in qualche modo influenzare l’equilibrio della prima. In particolare l’attenzione è rivolta all’assetto economico stabilito in sede di separazione o divorzio, ovvero soprattutto all’entità del mantenimento dei figli o dell’ex coniuge.
Se è risaputo e pacifico che un mutamento effettivo della vita economica dell’obbligato all’assegno di mantenimento, quando il cambiamento sia di particolare rilevanza, determini anche un mutamento dell’entità dell’assegno, ci si chiede se la nascita di un nuovo figlio possa in qualche modo condizionare la misura dell’obbligo al mantenimento rispetto alla vecchia famiglia.
Vi è da considerare che, a ragion di logica, è da ritenersi scorretto diminuire il valore del mantenimento sulla base di una scelta arbitraria e, in qualche caso, egoistica dell’ ex coniuge che, è bene ricordare, tra i suoi primi doveri ha proprio quello di mantenere i figli e contribuire alla loro sana crescita mediante strumenti adeguati alla loro condizione.
Tuttavia, anche il nuovo figlio avrà pari diritto di essere mantenuto ed educato nel modo migliore e senza risentire di una condizione di figlio di serie B.
Si pone allora l’assai difficile esigenza di contemperare diversi interessi in gioco avendo in costante considerazione il principio secondo cui la semplice costituzione di un nuovo nucleo familiare non determina la sospensione o l’estinzione dei doveri di solidarietà e assistenza materiale stabiliti in sede di separazione.
In realtà la Legge ammette che solo in presenza di una concreta diminuzione reddituale della capacità economica dell’obbligato si possa richiedere la revisione o la revoca dell’assegno di mantenimento, pertanto la costituzione del nuovo nucleo non giustifica mai da solo tale possibilità.
Sarà onere dell’obbligato, in sede di richiesta di diminuzione dell’assegno in ragione del nuovo nucleo familiare, dimostrare (allegando le prove) che la propria situazione economica patrimoniale abbia subito un impoverimento. Tale impoverimento non potrà solo essere supposto ma dovrà essere dettagliatamente indicato dall’obbligato facendo riferimento a tutte le nuove spese specificamente indicate nascenti dai bisogni della nuova famiglia.
In sostanza, ciò che potrà determinare la revisione dell’assegno di mantenimento, non sarà la semplice creazione di una nuova famiglia con un nuovo partner, ma piuttosto l’indicazione delle nuove spese rispetto ad un reddito rimasto immutato, che dovrà pertanto essere ripartito diversamente, in un’ottica di equità.
Allo stesso modo, quindi, potrà da parte dell’avente diritto al mantenimento, chiedersi una revisione per l’aumento dell’assegno quando l’obbligato abbia visto aumentare il proprio reddito in ragione dell’appartenenza al nuovo nucleo, ove, magari, il nuovo partner consente lui una capacità reddituale maggiore.
Elemento fondamentale per la richiesta di una revisione in melius o in peius dunque sta nella valutazione comparativa tra le diverse esigenze e le capacità patrimoniali avute al momento della separazione e successivamente alla creazione della nuova realtà familiare.
La valutazione terrà conto delle “attuali esigenze del figlio” (ex art. 337-ter c.c., novellato dal d. lgs. n. 154/2013), criterio imprescindibile per la determinazione dell’ammontare dell’assegno, ovvero a tutti quei fattori che richiedano un contributo da parte dei genitori per la corretta crescita e sviluppo sano della personalità del figlio.
La Cassazione ha spesso ribadito tale argomentazione fornendo lo strumento, a dire il vero un po’ flessibile, della valutazione comparativa tra vecchia e nuova situazione e relative esigenze e mezzi. Tuttavia limite ad una legittima richiesta di riduzione dell’importo del mantenimento è che la nuova unione abbia quantomeno il carattere della stabilità, continuità e regolarità. Solo in presenza di tali caratteristiche, anch’esse dimostrabili ad onere dell’obbligato, si potrà legittimamente fare ricorso al Tribunale ( ex art. 710 c.pc.) per chiedere la modificazione dei provvedimenti conseguenti la separazione riguardanti sia i coniugi che la prole.
In tal caso il Giudice, dopo aver sentito le parti ed aver appreso i motivi che giustificherebbero la revisione, potrà concedere la riduzione per il futuro dell’importo del mantenimento, non potendo richiedere insieme alla riduzione anche la restituzione di quanto versato in precedenza. Tuttavia recentemente la Cassazione, in qualche caso, ha concesso all’obbligato la possibilità di riottenere l’eccedenza sebbene non dalla nascita delle mutate esigenze, ma comunque a far data dalla presentazione dell’istanza di revisione.