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Adozione mite

In tema di dichiarazione di adottabilità di minori, la dichiarazione dello stato di abbandono morale e
materiale richiede un accertamento in concreto e nell’attualità dei suoi presupposti, all’esito di un attento monitoraggio delle figure genitoriali e dei parenti entro il quarto grado disponibili ad accudire il bambino, al fine di stabilire se il best interest del minore sia quello di crescere nella famiglia di origine o altrove, valutando, poi, ove i genitori risultino inidonei, le capacità vicarianti dei menzionati familiari anche con l’ausilio di interventi di supporto, ovvero la possibilità di procedere a un’adozione mite, eventualità queste ultime in grado di impedire la dichiarazione di adottabilità, e comunque verificando la presenza delle condizioni per mantenere, sempre nell’interesse del minore, incontri tra il medesimo e detti familiari, pur a seguito della dichiarazione di adottabilità.

La sentenza della Cassazione

Lo stabilisce la Cassazione civile, sez. I, ordinanza 29 agosto 2024, n. 23320. Da questa pronuncia, solo l’ultima di un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (si vedano per eventuale approfondimento le seguenti pronunce: Cass., ord. 6 maggio 2024, n. 12223; Cass., 24 aprile 2024, n. 11138; Cass., 16 aprile 2024, n. 10278; C. cost., 28 settembre 2023, n. 183; Cass., ord. 1° luglio 2022, n. 21024; Cass., ord. 23 giugno 2022, n. 20322; Cass., ord. 14 febbraio 2022, n. 4746; Cass., sez. un., 17 novembre 2021, n. 35110; Cass., ord. 14 settembre 2021, n. 24717; Cass., ord. 25 gennaio 2021, n. 1476; Cass., ord. 13 febbraio 2020, n. 3643, ecc.), emerge l’importanza di una figura essenziale per il nostro ordinamento: la cosiddetta “adozione mite”. Quest’ultima consiste in un particolare tipo di adozione caratterizzato dalla permanenza dei rapporti del minore con la famiglia d’origine, seppur quest’ultimo sia stato adottato e di fatto abbia dei genitori adottivi.
Il termine “mite” deriva infatti dal consenso raggiunto a tal riguardo tra i protagonisti della vita del minore, ossia quest’ultimo, i genitori biologici e i genitori adottivi. Sul punto, la legge 184 del 1983 afferma che “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”, e che devono essere “disposti interventi di sostegno e aiuto” per favorire tale diritto. Anche la Cassazione si è espressa a tal proposito (Cass. Ord. 1476/2021) affermando che il giudice debba “accertare la sussistenza dell’interessedel minore a conservare il legame con i genitori biologici, seppur deficitari nelle loro capacità genitoriali”.

L’interesse dei minori

Da ciò si può quindi dedurre che, seppur sia decaduta la responsabilità genitoriale, in ogni caso si vuole assicurare al minore, e, soprattutto, a patto che non sia dannoso per l’interesse di quest’ultimo, la presenza dei genitori biologici nella sua vita. Questa fattispecie rileva in particolare quando parliamo di minori in stato di semi-abbandono permanente, ossia di quei soggetti i cui genitori sono solo parzialmente ma permanentemente inadeguati per assicurare il soddisfacimento dei bisogni educativi, emotivi e relazionali del minore. Per questi ultimi, non è possibile accedere né all’affido, non essendo il semi-abbandono temporaneo, né tantomeno all’adozione, non essendo stati completamente abbandonati.

La sperimentazione

Il Tribunale per i minorenni di Bari ha avviato una sperimentazione tra il 2003 e il 2008 relativamente alla cosiddetta “adozione mite”, che ha tentato di applicare il principio di continuità degli affetti ai casi di semiabbandono permanente. Si tratta di un percorso graduale, che inizia con l’affidamento del minore a una famiglia e la valutazione della possibilità di recupero della famiglia di origine. Quando essa viene valutata come non recuperabile viene disposto un affidamento sine die che verrà quindi trasformato successivamente in adozione sul modello dell’adozione in casi particolari (art. 44 legge 184/1983).

Terminati i cinque anni di sperimentazione di tale pratica all’interno del Tribunale dei minorenni di Bari si è osservato che 92 minori collocati fuori dalla famiglia erano definitivamente rientrati in famiglia, 165 era collocati in affidamento familiare giudiziario, 100 erano stati adottati con adozione piena e 126 con
adozione mite; di questi ultimi, 72 erano stati effettuati con il consenso dei genitori biologici.

I pareri sfavorevoli

Tuttavia, nel corso del tempo, la fattispecie dell’adozione mite è stata anche oggetto di numerose critiche. A riguardo, uno studio di Cassibba (2023) conferma che i ragazzi che sono stati adottati con adozione legittimante hanno modelli di attaccamento più sicuri (67,9%) rispetto a quelli adottati con adozione mite (37,5%); nonostante ciò, questi ultimi hanno un’organizzazione di attaccamento più sicura dei ragazzi in affido familiare (31,2%) e che si trovano in comunità (18,9%). Inoltre, i ragazzi che avevano sperimentato un’adozione mite avevano il più alto grado di problemi comportamentali (58,04%).
Da questi risultati emerge che l’adozione mite, nonostante favorisca il passaggio graduale dalla famiglia di origine a quella adottiva e il mantenimento dei contatti con i membri della famiglia di origine, non garantisce un migliore adattamento psicosociale dei ragazzi. Assicura però quella continuità delle relazioni familiari che è un diritto fondamentale della persona e propone una scelta non più aprioristica relativa al bene del minore. Inoltre permette che non venga più utilizzato un affidamento sine die che non garantisce alcuna stabilità al minore.

Avv. Marco Panato – Avv. Beatrice Aprile

Avv. Marco Panato
Avv. Marco Panato

È il referente di Avvocati Matrimonialisti Associati per la Provincia di Verona. È Avvocato, Dottore di Ricerca presso l'Università di Verona e Giornalista Pubblicista, esercita le funzioni di Curatore del Minore ed Amministratore di Sostegno.

Ha studio in Verona in Corso Porta Nuova n. 7, dove riceve su appuntamento.

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