Alla luce del disegno di legge Pillon molti sono coloro che si sono mostrati contrari alle innovazioni volute dal famoso senatore leghista, che sembrerebbero rivoluzionare l’assetto normativo in ambito di separazione, divorzio e soprattutto affido dei minori. Proprio riguardo quest’ultimo, il progetto dell’eliminazione di un assegno di mantenimento a favore del minore o dell’assegnazione ad un solo genitore della casa familiare sostituti da un mantenimento diretto e dal principio del cosiddetto “doppio domicilio”, lungi dal voler essere un modo per affermare la perfetta parità genitoriale, sembra, a parere dei più, minare proprio a quell’interesse del minore che da sempre è stato il fulcro di tutta la normativa disciplinante il diritto di famiglia. Se è vero, infatti, che i genitori devono avere pari dignità al cospetto dei figli, la stessa non sarà garantita attraverso l’eliminazione dell’assegnazione della casa familiare o l’eliminazione dell’assegno di mantenimento. Al contrario, ciò servirà solo ad inasprire i rapporti tra i genitori e a creare maggior disagio nel minore, costretto a non poter avere una casa ove riconoscere la propria dimora.
Da un lato, dunque, si contesta l ‘imposizione di tempi paritari che i genitori devono passare coi figli a prescindere dalle loro reali esigenze, come modo per affermare il principio della bigenitorialità (ben potendo nei casi specifici essere più affine una diversa divisione dei tempi che tenga conto delle contingenze di entrambi), dall’altro si contesta l’eliminazione della casa familiare, eliminazione questa che, oltre a danneggiare il coniuge più debole economicamente, danneggia soprattutto il minore costretto a “viaggiare” senza poter avere un domicilio stabile, con tutte le conseguenza anche sulla sua vita sociale che tale dinamica può comportare. La doppia domiciliazione, infatti, mina secondo molti e soprattutto la maggioranza degli avvocati, alla stabilità nonché alla continuità dei rapporti e sembra ispirato ad un concetto di potestà genitoriale piuttosto che responsabilità genitoriale.
In realtà ciò che si contesta a tale progetto di riforma è il voler tentare di eliminare quelle situazioni di disparità tra le parti attraverso degli strumenti inidonei al fine in quanto troppo rigidi per potersi adattare a delle realtà così elastiche e mutevoli che il legislatore può accompagnare ma non ingabbiare se non vuole rischiare il totale fallimento della riforma.
Imporre delle regole che comprimano fortemente la volontà delle parti, di tutte le parti in gioco, per evitare il sorgere di contrasti probabilmente non è la modalità giusta per affermare quella tutela dei diritti dei più deboli che lo Stato con le proprie Leggi dovrebbe assicurare. Quasi unanime, pertanto, almeno al momento, sembra lo scontento per tale riforma, anche di difficile applicazione pratica che ci si augura possa evolvere in un progetto maggiormente rispondente al fine che il legislatore si era posto di raggiungere.