Possono i coniugi separati accordarsi sull’assegno divorzile? Dinanzi a questa frequente domanda fatta in sede di separazione, solitamente dal coniuge economicamente in posizione più vantaggiosa, ogni professionista del diritto è tenuto a richiamare il generale divieto, espresso dall’art. 160 c.c., secondo cui i diritti in materia matrimoniale sono indisponibili e, pertanto, mai potranno essere oggetto di valido accordo neppure in sede di separazione.
Il divieto è stato ribadito più volte dalla Suprema Corte, che ha anche identificato chiaramente la ratio iuris di tale statuizione, ovvero la motivazione che porta ad escludere categoricamente la possibilità di accordi preventivi.
Il diritto all’assegno divorzile da parte del coniuge più debole sotto il profilo economico, può essere valutato solo in sede di divorzio, non prima: solo nel momento del divorzio, infatti, il giudice potrà valutare se esistano o meno i presupposti per l’attribuzione dell’assegno e per la determinazione del relativo importo. La funzione dell’assegno ha natura assistenziale, e riguarda un diritto indisponibile.
Il fine dell’assegno è di rispondere ad una determinata situazione di debolezza economica, che non può essere considerata in un momento precedente al divorzio, dunque neppure in fase di separazione, che è un segmento distinto rispetto alla fase successiva ed eventuale del divorzio. Il fine di tale indisponibilità del diritto è evidentemente quello di proteggere il coniuge più vulnerabile.
Tuttavia se è da considerarsi nullo, con tutta evidenza, quell’accordo che preventivamente stabilisca una rinuncia all’assegno divorzile, o comporti un’accettazione per un importo da non considerarsi congruo rispetto alla reali esigenze, allo stesso modo nullo sarà anche quell’accordo preventivo che disponga a vantaggio del coniuge che ne avrebbe diritto, un assegno avente ad oggetto un’ingente somma, anche maggiore rispetto alle reali esigenze, in quanto questo potrebbe essere il modo con cui il coniuge economicamente più forte potrebbe condizionare la volontà alla non opposizione allo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, da parte dell’altro. E tale volontà, per il nostro ordinamento, non può e non deve essere condizionata.
E dunque: tutti gli accordi fatti in sede di separazione tra coniugi sono invalidi per illecità della causa se hanno ad oggetto il regime giuridico e/o patrimoniale da applicarsi in caso di eventuale e futuro divorzio.
Cassazione Sentenza n. 2224/2017
È la recente sentenza Cass. n. 2224 del 30.01.2017 ad aver ribadito, ancora una volta, tale orientamento da considerarsi ormai consolidato ( Cass. n. 1810 del 18 febbraio 2000; n. 15064 del 9 ottobre 2003; n. 5302 del 10 marzo 2006). In particolare i coniugi non possono accordarsi né sull’ importo né sulla rinuncia all’assegno in vista di un futuro divorzio.
Resta chiarito, dunque, che anche la possibilità prevista dalla L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 8, nel testo di cui alla L. n. 74 del 1987 secondo cui: “su accordo delle parti, la corresponsione dell’assegno divorzile puo’ avvenire in un’unica soluzione, ove ritenuta equa dal tribunale, senza che si possa, in tal caso, proporre alcuna successiva domanda a contenuto economico” , non può trovare applicazione se non all’interno del giudizio di divorzio, giammai grazie accordi conclusi in fase di separazione, che, dovendo essere interpretati “secundum ius”, non potranno mai comportare una rinuncia all’assegno di divorzio.