L’assegno di divorzio può essere corrisposto sotto forma di contribuzione mensile oppure in un’unica soluzione.
Ovviamente, se gli ex coniugi propendono per l’adozione di questa seconda opzione, gli stessi dovranno concordarsi preventivamente in merito alla adeguata determinazione della somma di denaro da corrispondere al coniuge beneficiario, che in alternativa avrebbe diritto a vedersi riconosciuta una somma di denaro mensile.
La liquidazione dell’assegno divorzile in un’unica soluzione determina come conseguenza diretta, in capo al coniuge beneficiario, la perdita di ogni ulteriore diritto e/o pretesa nei confronti dell’altro coniuge, anche nell’ipotesi in cui si verifichi un peggioramento delle condizioni economiche del beneficiario.
A tal proposito una recente pronuncia del Tribunale di Modena, sezione II, 5 gennaio 2017, n. 85 ha stabilito che “l’art.5, legge 898/1970 prevede un’eccezione al principio generale di modificabilità delle condizioni di divorzio, disponendo che, quando l’assegno si liquidato in un’unica soluzione, non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico”.
Peraltro, un altro aspetto interessante, che merita un breve cenno, è la deducibilità dal reddito, quindi, la disciplina fiscale.
Mentre, l’assegno di mantenimento, corrisposto mensilmente, si configura come onere deducibile ai fini fiscali, in quanto trattasi di mantenimento periodico computabile come reddito imponibile ai fini IRPEF, lo stesso discorso non può essere fatto nell’ipotesi in cui ci sia una liquidazione una tantum dell’assegno divorzile, poiché tale somma di denaro, corrisposta in un’unica soluzione, non è considerabile come onere deducibile dal reddito del beneficiario.