Come è noto il dovere di mantenimento dei figli grava su entrambi i genitori in proporzione alle rispettive capacità economiche ed a prescindere dal fatto che i genitori siano legati o meno dal vincolo matrimoniale.
La legge prevede infatti che “Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni (…)” (Art.351 bis c.c.)
Molti di voi ci domandano però fino a che età e in presenza di quali condizioni un figlio ha diritto al mantenimento.
Va da sé che fino a che i figli sono minorenni, nessun dubbio può sorgere in ordine alla sussistenza dell’obbligo di mantenimento in capo ai genitori.
Più complessa è la questione relativa ai figli maggiorenni.
Occorre subito chiarire che l’obbligo di mantenimento non viene meno al raggiungimento della maggiore età dei figli. Detto ciò, analizzeremo di seguito i casi in cui il figlio maggiorenne perde il diritto al mantenimento.
Il mantenimento dei figli maggiorenni
In linea di principio il figlio ha diritto al mantenimento fino a che non diventi economicamente autosufficiente, ovvero fino a quando il figlio consegua un reddito che lo renda effettivamente autosufficiente: così ad esempio è stato considerato autosufficiente un figlio che ottenga un part time o un dottorato di ricerca mentre non è stato considerato tale un figlio che ottenga un lavoro precario o una borsa di studio.
Ciò non significa che non vi sia però un limite oltre il quale tale diritto venga meno.
Nel silenzio della legge (nessuna norma infatti indica il limite massimo di età oltre il quale il mantenimento non è più dovuto) è intervenuta la giurisprudenza della Corte di Cassazione a delineare alcuni principi generali cui uniformarsi in concreto.
In primo luogo, il figlio ha comunque il dovere di guardarsi intorno e cercare un lavoro oppure studiare e seguire un percorso formativo per rendersi autonomo.
Il figlio pigro e/o volutamente nullafacente non può pretendere infatti di ricevere il mantenimento.
In buona sostanza la giurisprudenza chiarisce che il dovere di mantenimento non sussiste se lo stato di disoccupazione è determinato dalla colpa del figlio, quando questi cioè non faccia di tutto per acquisire le competenze necessarie a trovare un impiego o non faccia richiesta di assunzione e non si attivi per reperire un’occupazione lavorativa nel caso in cui non intenda proseguire negli studi.
Ciò che rileva è, dunque, l’autodeterminazione del figlio il quale responsabilmente deve attivarsi per poter raggiungere una condizione di autonomia.
A questo punto ci si domanda quando lo stato disoccupazione è determinato da inerzia o dalle dinamiche del mercato del lavoro?
Sotto tale profilo, la Cassazione ha evidenziato che più è avanzata l’età del giovane e più è possibile presumere che l’assenza di lavoro sia determinata da sua colpa.
Per tale ragione la giurisprudenza ha fissato un limite di età indicativo oltre il quale dovrebbe cessare l’obbligo di mantenimento: tale limite è rappresentato da un arco temporale che oscilla tra i 30 e i 35 anni.
Anche nei casi in cui i figli abbiano scelto un percorso di studio più impegnativo, infatti, raggiunta tale età il figlio ha l’obbligo di attivarsi per reperire un’occupazione anche rinunciando, se occorre, a sogni adolescenziali uniformandosi alle richieste del mercato del lavoro. Una recente sentenza della Cassazione (la numero 17183/2020) ha infatti chiarito che, una volta terminato il proprio percorso di studi, “i figli sono obbligati a cercare un lavoro, compiendo tutti gli sforzi necessari per trovarlo e scendendo a compromessi se l’impiego che eventualmente viene loro offerto non è pienamente rispondente alle proprie inclinazioni”.
Fondamentalmente la Corte di Cassazione ha sancito così il passaggio dal principio di assistenzialismo a quello dell’autoresponsabilità dei figli, i quali – raggiunta un’età matura che per la Cassazione si aggira intorno ai 35 anni come sopra s’è detto – hanno il dovere di rendersi autonomi.
In altre parole il limite di età individuato dalla Corte di Cassazione rappresenta il momento in cui il perdurare dello stato di disoccupazione del figlio non è più giustificabile (in tal senso si è espressa anche la giurisprudenza di merito, si veda ad esempio l’ Ordinanza del 29 marzo 2016 del Tribunale di Milano) .
Il diritto al mantenimento si perde definitivamente.
In ultimo, è bene chiarire che una volta cessato il diritto al mantenimento dai genitori, questo non può “risorgere” nuovamente a seguito di vicende successive che portino il figlio di nuovo in condizioni di incapacità economica. Una volta perso tale diritto quindi non sarà più possibile ottenerlo di nuovo.
È fatto sempre salvo in ogni caso il diritto agli alimenti (previsto dall’art.433 e segg. Del c.c.), che però necessita di requisiti diversi e risponde ad una ratio completamente diversa rispetto al diritto al mantenimento.