La crisi coniugale, si sa, può derivare da molteplici fattori, più o meno gravi, ma tutti accomunati dalla caratteristica di rendere impossibile la prosecuzione dell’unione coniugale per irreversibili incompatibilità tra i coniugi.
Avvenuta la crisi, però, solitamente si parte alla ricerca del colpevole a cui addossare la responsabilità, da far valere con un bell’addebito nella futura separazione, ed in questa ricerca chi ha abbandonato il tetto coniugale di certo non se la caverà tanto bene. Ma è sempre così? Ovvero, il coniuge che lascia per primo la casa, interrompendo di fatto la stabilità coniugale, è sempre colpevole? Ovviamente no… difficile tuttavia la dimostrazione del contrario, il cui onere sarà proprio a carico di quest’ultimo.
Un caso particolare è dato, poi, dalla circostanza che la coppia avesse fissato la propria dimora presso l’abitazione dei suoceri: abbandonare la casa altrui costituisce sempre abbandono del tetto coniugale o vi sono eccezioni alla regola? In realtà, anche in questo caso, una valutazione obiettiva terrà conto del fatto che l’abbandono abbia determinato la crisi o sia stato, piuttosto, l’ultimo passo conclusivo di una interruzione della vita di coppia, la cui crisi era già maturata e palesata in altri aspetti, prodromici rispetto all’allontanamento dalla casa. In un caso del genere, quindi, andrà considerata l’esistenza di altre motivazioni alla base della crisi che hanno determinato la crisi stessa.
Il caso, però, che in questa sede si vuole analizzare, è quello che si verifica qualora uno dei coniugi abbandoni il tetto coniugale fissato presso la casa dei suoceri, e che la crisi coniugale in realtà non esista per incompatibilità tra i coniugi ma solo per difficoltà di convivenza coi suoceri! Se i suoceri si intromettono continuamente nella vita coniugale della coppia, privando quest’ultima della propria intimità intesa in senso lato fino a comprendere la libertà di scelta mediante continue ingerenze, il successivo passo dell’andar via da casa da parte del coniuge, determina in sede di separazione, l’addebito?
Sul punto si è espressa più volte la giurisprudenza, ed in merito vanno fatte determinate precisazioni.
Innanzitutto affinchè si possa escludere l’addebito a carico di chi vada via per primo dalla casa dei suoceri fissata come casa coniugale, vi è la necessità che i contrasti esistenti coi suoceri non siano di natura sporadica, da considerarsi rientranti nell’ordine quasi naturale di ogni convivenza, ma piuttosto devono caratterizzarsi per una costante ripetitività ed intensità tale da ledere l’armonia fondamentale di ogni nucleo familiare. Ma non basta. Il coniuge sopraffatto dalle ingerenze ed incompatibilità caratteriali dei suoceri, per evitare l’addebito, dovrà anche dimostrare che ha tentato di risolvere la situazione in qualche modo, promuovendo soluzioni che pur tuttavia si sono rivelate inefficaci per evitare il pregiudizio alla vita di coppia; in particolare egli/ella dovrà aver tentato ( secondo le proprie possibilità) di stabilire altrove la residenza coniugale, proprio per salvare la vita di coppia e l’unione dei coniugi, senza tuttavia esservi riuscito e non per propria colpa.
Analizzando le pronunce dei giudici susseguitesi nel tempo, la “regola” che si può trarre è che l’allontanamento dalla casa coniugale non costituisce motivo di addebito se si riesce a dimostrare che l’invadenza dei suoceri abbia determinato contrasti tali da avere conseguenze negative anche nella vita di coppia. L’allontanamento può essere giustificato solo quando, pur essendo stato frutto di una scelta fatta da un solo coniuge, si sia resa necessaria per la particolare oppressione attuata dai suoceri, oppressione a cui l’altro coniuge non abbia saputo/voluto mettere un freno, lasciando che di fatto la vita coniugale si deteriorasse.
Non basta dunque avere dei suoceri invadenti per potersi allontanare dalla casa coniugale e giustificare una crisi coniugale, piuttosto bisognerà dimostrare che le condizioni di vita determinate dal contesto che si va ad analizzare erano tali da non potersi tollerare, obiettivamente, una coabitazione.
In tal caso, anche in assenza del consenso dell’altro coniuge, l’allontanamento da casa da parte di uno, deve ritenersi giustificato, e pertanto nessuna violazione agli obblighi nascenti da matrimonio potrà essere sollevata in proposito.