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Mantenimento del figlio maggiorenne, fino a quando

Se il diritto al mantenimento dei figli è diritto costituzionalmente garantito per esplicita previsione dell’art. 30, che mai può essere messo in discussione, spesso è controverso il diritto del figlio maggiorenne ad essere mantenuto, e la domanda verte essenzialmente sulla durata legittima di tale mantenimento, ovvero: quanto dura il diritto del figlio maggiorenne ad essere mantenuto o, più precisamente, quando termina il diritto del figlio maggiorenne ad essere mantenuto?

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Benché la risposta non trovi un suo preciso riconoscimento normativo, questa si basa sulla considerazione che il figlio maggiorenne, che stia proseguendo un percorso formativo, non possa essere abbandonato dalla famiglia che, invece, dovrà ancora prendersene cura fino al momento della sua indipendenza economica, che comporta sempre anche una avvenuta crescita a livello personale del figlio stesso.

Tale questione, affrontata in termini generali può sembrare di facile soluzione, più difficile invece nella realtà della vita quotidiana sarà trovare il momento giusto in cui ritenere terminato l’obbligo del genitore di continuare a mantenere il figlio. La questione infatti ha risvolti anche nella vita dell’ex coniuge che, normalmente, essendo convivente col figlio avrà la gestione diretta dei soldi versati come mantenimento allo stesso. Pertanto, da un lato si avrà un genitore che punta a dimostrare l’avvenuta indipendenza del figlio e quindi l’opportunità di cessare nei suoi confronti il mantenimento, dall’altro quella dell’altro coniuge che invece tenterà di invocare una mancata indipendenza del figlio per il maggior tempo possibile.

Esiste una normativa a cui riferirsi per risolvere in modo definitivo e certo la questione?
Oltre il citato art. 30 Cost., l’art. 147 c.c. prevede tra gli obblighi nascenti dal matrimonio, oltre al dovere di sostentamento anche, e soprattutto, il dovere di assicurare i mezzi necessari alla soddisfazione del diritto allo studio e all’istruzione, in considerazione e nel rispetto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio, come chiarito dalla Cass. con sentenza n.17089/2013.
Altro dato normativo è quello previsto dall’art. 315-bis c.c., (introdotto dalla L. 219/2012) che, nel prevedere che “il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori…” non fa alcuna distinzione tra figli minori o maggiorenni. Tuttavia la stessa norma pone a carico degli stessi figli ( tutti, sia minori che maggiorenni) il dovere di rispettare i genitori e di contribuire al mantenimento della famiglia, proporzionalmente alle proprie capacità fintantoché continua a convivere con essa. Tuttavia è l’art. 337-septies, introdotto dal D.lgs 154/2013, prevedere esplicitamente in favore del figlio che abbia già compiuto la maggiore età ed in presenza di crisi familiare che abbia portato alla separazione o al divorzio dei genitori, il diritto ad essere mantenuto con un assegno periodico a titolo di mantenimento. Sarà il giudice a stabilire se ci si trova dinanzi ad un caso di figlio ancora non economicamente autosufficiente, che dunque ha diritto al mantenimento, ed anche la misura di quest’ultimo.
Possiamo ben comprendere quanto sia determinante il potere decisionale del giudice chiamato a valutare la situazione di indipendenza o mancata indipendenza del figlio maggiorenne, soprattutto alla luce della innegabile crisi del modo del lavoro e la conseguente difficoltà di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro ove, tra l’altro, è richiesto un sempre maggior grado di specializzazione che comporta un innalzamento dell’età di inserimento nel mondo del lavoro. È bene precisare infatti che non basta che un figlio abbia “trovato” lavoro, quest’ultimo deve assicurare lui una indipendenza economica che giustifichi la cessazione dell’obbligo al mantenimento da parte del/i genitore.

In conclusione l’unico parametro a cui potersi riferire per stabilire modalità e soprattutto durata del versamento dell’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne è che questi sia non autosufficiente economicamente nonostante i suoi sforzi in tal senso, e pertanto sarà da escludersi il mantenimento per il figlio che per propria colpa e pigrizia non si sia ancora reso indipendente.

Avv. Daniela D'Alessandro
Avv. Daniela D'Alessandro

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